venerdì 24 aprile 2015

Laplace: alcune considerazioni sulla “Mécanique Céleste”


Pierre-Simon, Marchese di Laplace (Beaumont-en-Auge, Normandia, 23 marzo 1749 - Parigi, 5 marzo 1827) fu un matematico ed astronomo francese, uno dei principali scienziati nel periodo napoleonico.
Con la sua opera ha dato fondamentali contribuiti a vari campi della matematica, dell'astronomia e della teoria della probabilità.
Laplace diede la svolta finale all'astronomia matematica riassumendo ed estendendo il lavoro dei suoi predecessori nell’opera in cinque volumi Mécanique Céleste, trasformando lo studio geometrico della meccanica sviluppato da Newton in quello basato sul calcolo.
Nel 1783 conobbe Napoleone Bonaparte, che nel 1799 lo nominò ministro degli interni e nel 1806 gli conferì il titolo di conte dell’Impero.
Quando era ancora adolescente, pur avendo studiato matematica solo per breve tempo, acquisì un’abilità tale da affascinare d'Alembert, che si adoperò per procurargli una cattedra.
Nel 1785 diventò membro dell'Académie des Sciences e nel 1816 venne eletto all'Académie française. Grazie alla sua intensa attività accademica esercitò una grande influenza sugli scienziati del suo tempo, in particolare su Quételet e Poisson. In modo del tutto straordinario per un genio matematico della sua capacità, Laplace non vedeva la matematica come una disciplina dal valore particolare, ma come uno strumento utile per la ricerca scientifica e per problemi pratici.
Laplace trascorse gran parte della sua vita lavorando sull’astronomia matematica che culminò nel suo capolavoro sulla dimostrazione della stabilità dinamica del sistema solare, sotto l’ipotesi che esso consista in un insieme di corpi rigidi che si muovono nel vuoto. Egli ha formulato autonomamente l’ipotesi della nebulosa e fu uno dei primi scienziati a postulare l’esistenza dei buchi neri e la nozione di collasso gravitazionale.
Il sistema solare si è sviluppato da una massa globulare di gas incandescente che ruotava attorno ad un asse passante per il suo centro di massa. Quando si è raffreddata questa massa si è ristretta e anelli concentrici si sono staccati dal suo bordo esterno. Questi anelli a loro volta si sono raffreddati, ed alla fine si sono condensati nei pianeti, mentre il sole rappresenta il nucleo centrale che è rimasto ancora lì incandescente. Da questo punto di vista dovremmo aspettarci che i pianeti più distanti dovrebbero essere più vecchi rispetto a quelli più vicini al sole. La teoria è di grande difficoltà, e sebbene sembri certo che il sistema solare abbia un’origine comune, ci sono diverse caratteristiche sull’ipotesi della nebulosa enunciata da Laplace, che appaiono piuttosto inspiegabili.
Un’altra teoria che evita gran parte delle difficoltà sollevate dall’ipotesi di Laplace ha recentemente incontrato approvazione. Secondo tale ipotesi, l’origine del sistema solare è da ricercare nella graduale aggregazione di meteoriti che si muovono attraverso il nostro sistema, e forse attraverso l'intero spazio. Questi meteoriti che normalmente sono freddi possono, a causa di ripetute collisioni, riscaldarsi, fondere, o anche evaporare, e la massa risultante dovrebbe, per l’effetto della gravità, essere condensata in corpi simili a pianeti – così che le più grandi aggregazioni così formate diventano i corpi principali del sistema solare. Per giustificare queste collisioni e condensazioni si suppone che un grande numero di meteoriti fossero situati in qualche epoca lontana in una nuvola a spirale, e che le condensazioni e le collisioni abbiano avuto luogo in determinati nodi o intersezioni di orbite. Quando le masse planetarie risultanti si sono raffreddate, satelliti o anelli si sarebbero formati o per le collisioni di parti lontane o nel modo suggerito nell’ipotesi di Laplace. Questa teoria sembra essere dovuta principalmente a Sir Norman Lockyer. Essa non è in disaccordo con nessuno dei fatti noti della scienza cosmica, ma fino ad ora la conoscenza dei fatti è talmente limitata che non è da escludere che si possa trovare un controesempio, a non ancora noto, in seguito. Recenti ricerche hanno mostrato che la luna si è staccata dalla terra mentre quest’ultima era in una condizione instabile dovuta all'attrazione mareale. Quindi la sua origine non è né nebulare né meteorica.
La discussione analitica di Laplace del sistema solare viene data nella sua opera Méchanique céleste. I primi due volumi, pubblicati nel 1799, contengono metodi per calcolare i moti dei pianeti, per determinare le loro forme, e per risolvere problemi legati alle maree. Il terzo ed il quarto volume, pubblicati nel 1802 e nel 1805, contengono applicazioni di questi metodi, e diverse tavole astronomiche. Il quinto volume, pubblicato nel 1825, è principalmente storico, ma fornisce in appendice i risultati delle ultime ricerche di Laplace. Le stesse ricerche di Laplace in esso racchiuse sono così numerose e rilevanti che, è spiacevole doverlo ammettere, egli si è appropriato di molti risultati di altri scrittori, con nessuno o scarso riconoscimento, e le conclusioni – che sono il risultato organizzato di un secolo di paziente fatica – sono spesso menzionate come se fossero dovute a Laplace.
Tenendo conto di tutte le perturbazioni del sistema solare, dimostrò che i movimenti irregolari dei pianeti avevano una periodicità secolare, tale da poter considerare il sistema stabile. Newton disse che Dio correggeva di tanto in tanto tali irregolarità, ma con la teoria laplaciana, tale ipotesi è certamente da scartare.
L’argomento della Méchanique céleste è eccellente, ma non è per niente di facile lettura. Biot, che ha aiutato Laplace nella sua revisione per la stampa, dice che lo stesso Laplace era frequentemente incapace di ritrovare i dettagli nel ragionamento dimostrativo e, se era soddisfatto del fatto che le conclusioni fossero corrette, era lieto di inserire l'espressione costantemente ricorrente, "Il est aisé à voir (è lasciato al lettore)".
Laplace si trovò nella condizione di implorare Napoleone di accettare una copia del suo lavoro, ed il resoconto seguente del colloquio è ben certificato, e talmente caratteristico in tutte le sue parti che viene citato per intero. Avevano riferito a Napoleone che il libro non conteneva alcun cenno al nome di Dio; Napoleone, a cui piaceva porre domande imbarazzanti, ricevette Laplace facendogli l’osservazione, "Signor Laplace, mi dicono che lei ha scritto questo grande libro sul sistema dell’universo, e non ha mai menzionato nemmeno una volta il suo Creatore". Laplace, che, sebbene fosse il più arrendevole degli uomini politici, era fermamente convinto di ogni punto della sua filosofia, si fermò e rispose senza mezzi termini, "Je n'avais pas besoin de cette hypothèse-là (Non avevo bisogno di fare una tale ipotesi)". Napoleone, molto divertito, raccontò questa risposta a Lagrange, il quale esclamò, "Ah! c'est une belle hypothèse; ça explique beaucoup de choses (Ah! Questa è una bellissima ipotesi; essa spiega molte cose)".


Bibliografia:

C. B. Boyer - “Storia della matematica”
F. Bevilacqua – Appunti delle lezioni di Storia della Fisica
Enciclopedia Zanichelli